Massimo Zamboni, La Macchia Mongolica il nuovo tour

MUSICHE METROPOLITANE - Concerti di Musica Bella e Notturna

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Massimo Zamboni, La Macchia Mongolica il nuovo tour

Avete mai visto un concerto all’interno di una gher mongola? che cos’è una gher? la gher detta anche iurta, è l’abitazione mobile adottata dai popoli nomadi dell’Asia tra cui mongoli, kazaki e kirghisi, che ha un valore profondamente simbolico, entrarvi implica un rigoroso rituale, che osservi principi di rispetto, civiltà ed educazione: si entra sempre con il piede destro scavalcando la soglia della porta; una volta entrati è necessario sedersi, non passare tra i due pilastri centrali che rappresentano il legame tra il cielo e la terra. invece “La Macchia Mongolica” è il nome di un libro, di un film e di un disco.

È il 1996, Massimo Zamboni parte per la Mongolia in un viaggio al seguito di una troupe televisiva locale. È lì con un altro gruppo di italiani e la moglie. La Mongolia che si trova davanti corrisponde e supera l’immaginario sedimentato in anni di letture, suggestioni, ricerche: l’universo di una delle terre mitiche per eccellenza cantata dalle gesta di Gengis Khan, attraversata da Marco Polo, conquistata dalla Russia sovietica stordisce e risuona in Zamboni come una radice scoperta, un’appartenenza ancestrale pari solo a quella dei boschi emiliani. 

Da quel viaggio in Mongolia non solo avrà le mosse uno dei dischi simbolo dei CSI, ma si manifesterà per la prima volta in Massimo il desiderio di avere un figlio. Caterina nascerà due anni dopo, con una macchia inequivocabile: una sorta di voglia, un piccolo livido destinato a scomparire nel tempo, la cosiddetta “macchia mongolica”. Quel segno detterà per sempre la partecipazione a due mondi spirituali e fisici, l’Emilia dei padri, e la Mongolia del desiderio e della proiezione.

Al compimento dei diciotto anni è lì che Caterina vuole tornare. Un ritorno a casa. Nei paesaggi immutati e nella storia che veloce fagocita il tempo e i costumi, dentro a un mondo che ha annientato le distanze ma non le differenze, questo nuovo viaggio in Mongolia è per Zamboni scoperta ulteriore, romanzo di un viaggio, mai diario o reportage. Un’ esplorazione necessaria, tra le stanze della sua più intima memoria, la Macchia Mongolica.

Installazione, azione musicale, rito

Entrare in una tenda mongola, una gher, è un atto religioso. La penombra, gli odori organici, il cotone, il legno, il feltro. Una casa di lana. Un utero di madre. Difficile trattenere la commozione di una nostalgia 

impossibile. Lo spettacolo che vogliamo proporre, composto da tre musicisti e un pubblico – meglio, un privato – di sole 25 persone, sarà una cerimonia intima, in un clima di condivisione altrimenti impraticabile. 

Tre spettacoli al giorno, o alla notte, o all’alba. In quella struttura circolare, avvolti dalla musica e dalle parole, incapsulati in un viaggio dove la Mongolia è solo partenza, saremo gli unici abitanti del pianeta.